In vista del Webinar che abbiamo organizzato per il 21 marzo su “Il gioco virtuale: dal videogioco alla ludopatia”, con la prof.ssa Rosa Grazia Romano, le abbiamo fatto qualche domanda per approfondire il rapporto tra gli adolescenti e il mondo dei social.
Prof.ssa Romano, sono sempre di più gli adolescenti che vivono costantemente in Rete, in una dimensione di cybersocialità. E – soprattutto in questo periodo di distanziamento sociale forzato – comunicano tra loro e con il mondo solo tramite i social. Secondo lei è possibile immaginare percorsi per riequilibrare la presenza dei nostri figli tra realtà e virtualità?
Intanto, solo per cominciare… mi sembra carino parlare di “distanziamento sociale” sui “social” (sorride, n.d.r.).
Se oggi vogliamo comprendere i preadolescenti e gli adolescenti, dobbiamo avere subito chiaro che per loro i social sono i principali strumenti di comunicazione. Pensieri, poesie, immagini e video pubblicati sui social danno a chiunque la possibilità di esprimersi liberamente e sui più svariati argomenti. Nei preadolescenti e negli adolescenti tali forme espressive presentano un ventaglio emozionale-esibizionistico molto ampio, che va dall’ostentazione fino alle crudeli declinazioni di odio. Ovviamente, tra queste due polarità si trova un’ampia gamma di pensieri, iniziative ed immagini (pro)positivi, costruttivi e solidali, che noi adulti dobbiamo imparare a vedere e valorizzare. Non esiste solo il negativo nel web, ma c’è anche il positivo.
Trend, selfie, challenge e sfide social… una volta “postate” danno inizio a un effetto valanga che si autoalimenta, determinando un pericoloso effetto contagio. Qual è la sua opinione in merito?
L’effetto valanga è tipico dei social, ma – dal punto di vista educativo, psicologico, giuridico/penale – ciò che preoccupa maggiormente sono le forme estreme dello stare online, quando cioè l’online diventa l’unico modo di stare nel mondo, di avere relazioni e di dire la propria opinione. Ad esempio, se fino a poco tempo fa si tendeva a mostrare agli altri la parte migliore, la propria immagine o foto più bella e i traguardi raggiunti, oggi invece i ragazzi mettono in rete le parti più grottesche della propria e altrui vita, privilegiando la ridicolizzazione di sé e degli altri. E così anche il più imbarazzante dei fallimenti si trasforma in occasione per far parlare di sé, per avere successo e popolarità in termini di “like”.
Quale messaggio si nasconde dietro questo desiderio di sfida, di esibizione emotiva on line?
Spesso dietro ai leoni da tastiera ci sono adolescenti e giovani con disagi personali e sociali rilevanti, che però restano apparentemente silenti e nascosti. Osservare ed analizzare il modo in cui si fanno presenti sui social, senza giudicare immediatamente, può rivelare tanto di loro. Dobbiamo sforzarci di capire che, per i giovani, i social costituiscono una nuova forma di narrazione di sé, un nuovo modo per raccontarsi attraverso cui genitori ed insegnanti possono comprendere molto dei loro figli e studenti. I social diventano, quindi, nuove categorie interpretative con le quali comprendere cosa vivono gli adolescenti e i giovani, che cosa è importante per loro, cosa li preoccupa e cosa li diverte, di cosa si lamentano e di cosa sono soddisfatti
Quanto è importante che le agenzie educative conoscano ed usino gli strumenti digitali per ridisegnare un nuovo percorso formativo?
Direi che è fondamentale apprendere ad usare gli strumenti ed il linguaggio di chi vogliamo aiutare a crescere. Il primo passo da compiere è educare gli adulti all’uso dei nuovi strumenti tecnologici, accompagnarli nel tradurre il linguaggio digitale giovanile – spesso incomprensibile ed in continua metamorfosi – e sostenerli nel decifrare le richieste che bambini, adolescenti e giovani fanno attraverso il loro stare in rete. È questa la strada da percorrere se vogliamo intercettarli ed intraprendere percorsi educativi efficaci.