Maria Assunta riscatta Eva.
Oggi si festeggia l’Assunzione di Maria in cielo per i cattolici e la Dormitio Mariae per i fratelli ortodossi: due modi di intendere lo stesso glorioso mistero della morte della Madre di Dio.
Per entrambe le chiese cristiane Maria è sempre stata vista come il riscatto della donna, in contrapposizione a Eva, ovvero a colei che mediante quel gesto di ribellione a Dio, denominato peccato originale nel libro della Genesi, fu cacciata insieme ad Adamo dal Paradiso, passando dall’eternità all’essere mortale, come punizione divina. Maria, vergine prescelta per divenire la Madre di Dio, per questo nata senza peccato originale, non ‘eredita’ dunque dalla progenitrice Eva la punizione della morte, questo è il senso mariano al versetto del Genesi, noto con il nome di Protoevangelo: “Stabilirò inimicizia fra te e la donna, fra la sua generazione e la tua, essa ti schiaccerà il capo”. L’Immacolata Concezione, la piena di grazia, benedetta fra tutte le donne e soprattutto Madre del Signore, non può morire! Questo a sostegno della Dormitio Virginis, ove il termine “dormizione” deriva dalla dottrina, sostenuta da gran parte dei teologi, che Maria non sarebbe veramente morta, ma sarebbe soltanto caduta in un sonno profondo (come accaduto alla figlia di Giairo), dopodiché sarebbe stata assunta in cielo. La festa della Dormitio Mariae, viene istituita a Bisanzio agli inizi del secolo VII con decreto dell’Imperatore Maurizio, mentre la festa dell’Assunzione sarà successivamente introdotta a Roma verso l’anno 650, e Papa Pio XII proclamerà solennemente nella Bolla Munificentissimus Deus, dell’1-11-1950, con il consenso unanime di vescovi e fedeli, “il dogma rivelato che Maria, l’Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine, al termine della sua vita terrena, fu elevata, anima e corpo, alla gloria del cielo”. Nell’ambito della mariologia cattolica esiste anche un’altra ipotesi teologica sulla morte della Madonna: essendo stata Maria preservata dal peccato originale per i meriti di Cristo (in altre parole, a Maria sono stati applicati in anticipo i frutti della redenzione), ed essendo Maria la prima redenta da suo Figlio, ella segue il Figlio anche nella morte ma, come per il Figlio, il suo corpo viene preservato dalla corruzione e assunto in cielo. Celebre l’orazione Veneranda nobis, che si recitava quando partiva la processione, che precedeva la Messa. “Signore, dobbiamo venerare la festa di questo giorno nel quale la Santa Madre di Dio fu sottomessa alla morte temporale. Ella tuttavia non poté essere trattenuta dai legami della morte, avendo generato nella sua propria sostanza il vostro Figlio incarnato, nostro Signore”.
Nell’arte bizantina la Dormitio Virginis è mirabilmente raffigurata con Maria sul letto di morte, circondata dagli Apostoli, mentre Cristo reca fra le braccia la sua anima, raffigurata come una bambina in fasce, e due o più angeli discendono ad accoglierla. Nella iconografia sacra prendono vita le leggende apocrife sulla morte e Assunzione corporale di Maria in Paradiso: si narra che gli Apostoli, riuniti prodigiosamente, avrebbero assistito alla morte della Vergine ed ai Suoi funerali, e che San Tommaso, giunto troppo tardi, avrebbe voluto la riapertura della tomba, il che permise di costatare che il Corpo di Maria non era più lì deposto, ma assunto in cielo.
Questa narrazione apocrifa e raffigurazione iconografica appartiene profondamente ed intimamente all’esistenza umana, al bisogno antropologico di essere circondati dai propri legami affettivi significativi nel momento del transitus (trapasso), al desiderio amorevole dell’ultimo saluto, alla necessità (per elaborare emotivamente la separazione per eccellenza) dei riti funebri che accompagnano la depositio (seppellimento) e la dies natalis (nascita al cielo).
Hildegarda riscatta Antigone.
Antigone, nel mito greco, contrapponendo alla legge della polis, la legge del cuore e degli affetti, esponendosi contro il decreto di Creonte che impediva gli onori funebri al fratello Polinice, perviene ad un finale tragico di autoannientamento plurimo in una catena di dolore e morte. Questa figura mitologica, significativa della filosofia del diritto e della psicologia sociale, trova – a mio parere – in una donna reale, Hildegarda Von Bingen, recentemente proclamata Santa e Dottore della Chiesa, il suo riscatto ideologico! La grande mistica e scienziata infatti ha avuto la forza di ribellarsi al clero del suo tempo, acconsentendo alla sepoltura nel suo monastero, di una persona che aveva ricevuto una scomunica. Ildegarda era convinta che l’uomo sepolto poco prima di morire avesse ricevuto l’assoluzione dopo essersi convertito e per questo motivo si oppose strenuamente all’arcivescovo di Magonza che la obbligava a rimuovere il corpo. Ella prima rifiutò la riesumazione e poi quando vennero per disseppellirlo, ne occultò la tomba. Questa ribellione della Santa badessa benedettina comportò la scomunica alla sua persona e l’interdizione per il suo monastero a cantare e a celebrare riti liturgici, a recitare la messa e a ricevere la comunione. Seppure in torto dal punto di vista del diritto ecclesiastico, Ildegarda, cui interessava solo la grazia concessa da Dio, pur ammettendo la sua colpa, ebbe il coraggio di rimproverare i prelati del tempo, in particolare per aver vietato alle monache di cantare e così aver privato “Dio dell’onore della lode che a lui conviene…”. Compositrice di musiche sacre che segnano il passaggio dal canto gregoriano al polifonico, ella si addolorò di non poter donare ‘armonia’, dirà: “Il corpo è l’indumento dell’anima e questa ha una voce che è vita, per questo è opportuno, è bene, che il corpo insieme all’anima per mezzo della voce canti le lodi di Dio”. La sua ferma e decisa opposizione durò per parecchi mesi, finché l’arcivescovo di Magonza revocò la scomunica nei confronti del defunto. Poco tempo dopo, il 17 Settembre 1179 Hildegarda morì: questa fu l’ultima sua lotta che vinse ribaltando la fine del mito di Antigone!
Una lotta che sembra riproporsi continuamente nella storia dell’umanità, a cui noi tutti – anche oggi, in tempo di pandemia – siamo coinvolti e, per certi versi, siamo chiamati “alle armi”, combattendo per la pietas che onora i nostri defunti.
Ed oggi per noi il riscatto dalla pandemia è nelle Spiritual Care.
Le prescrizioni sanitarie in tutte le epidemie, ancor di più nelle pandemie, sono molto rigide sull’isolamento degli infetti e sulla negazione di restituire ai familiari le salme dei propri cari. Il distanziamento intercorporeo, non solo tra i viventi, ma anche con i corpi delle persone decedute, è uno degli aspetti più tragici del vissuto antropologico pandemico: da un lato il rimanere soli nel fine vita e dall’altro la negazione dei riti di cordoglio per chi sopravvive, pongono le premesse per l’instaurarsi di un lutto patologico. Il vissuto della morte espropriato dalla dimensione culturale e soprattutto relazionale, affettivo e sociale, è coseificato, devitalizzato, strumentalizzato al di là delle proprie credenze religiose e al di sopra di ogni rituale sacro.
Le Spiritual Care nell’aiutare le persone nella ricerca di senso del vivere e del morire, valorizzando i legami affettivi, promuovono modalità relazionali nuove e personalizzate di “adattamento creativo” nel rispetto delle restrizioni sanitarie, ma anche nel rispetto della sacralità del prendersi cura.
Le neuroscienze dimostrano che nella specie umana è inscritto nell’intercorporeità relazionale la possibilità di esistere (il cucciolo dell’uomo morirebbe appena nato se il corpo materno non lo accudisse, accogliendolo tra le sue braccia e allattandolo, e seguendolo nella sua crescita), ma anche la possibilità di separarsi nella morte, le cosiddette “condoglianze”, ovvero il con-dolere che implica socialità, corpi di persone che si toccano, si consolano, si abbracciano, e necessita anche della presenza del corpo del deceduto, reale o ricordato, in una narrazione condivisa.
Con queste riflessioni vi auguro buona festa di Maria Assunta guardando insieme (come spesso invitano i teologi) due splendide icone speculari: il Bambino Gesù tra le braccia della Madonna, e la Dormitio Virginis con Maria bambina tra le braccia di Gesù.
Paola Argentino