«La speranza è la più umile delle tre virtù teologali, perché nella vita si nasconde. Tuttavia, essa ci trasforma in profondità, così come una donna incinta è donna, ma è come se si trasformasse perché diventa mamma» così Papa Francesco spiega la speranza, questa “sconosciuta”. E riconosce l’umiltà ed il nascondimento di questa virtù perché non è visibile come la fede, o agibile come la carità, bensì la speranza la definisce “una virtù rischiosa”. Si tratta di un rischio da non confondere con l’ottimismo, l’animo positivo, o l’illusione mentale, ma è un rischio connotato dalla gioia dell’attesa certa che San Paolo definisce come “un’ardente aspettativa” nella rivelazione del Figlio di Dio.
Quale immagine migliore, dunque, della donna in gravidanza, quale metafora di una attesa gioiosa, un’ardente aspettativa, amorevole, ma anche rischiosa: quante ansie nei nove mesi di gestazione e soprattutto nell’avvicinarsi del parto?
Anche Gustav Klimt raffigura la speranza nei suoi dipinti come una donna in “dolce attesa”. In particolare, il grande artista austriaco ha dipinto nella sua prima opera: Hope I (nel 1903) una donna gravida nella sua nudità che custodisce la vita e nella opera successiva, Hope II (nel 1907-1908) la veste di colori, con un ricco tessuto arabescato.
Nella dinamica figura/sfondo l’evoluzione tra le due opere è radicale: impressionante e tenebrosa in Hope I, limpida e luminosa in Hope II, ma entrambe mantengono sempre la raffigurazione del rischio nell’immagine del teschio, di mostri, e di figure femminili tristi e pensierose, ripiegate su se stesse nello sfondo.
L’espressione del viso è intensamente eloquente a livello emotivo profondo nelle due donne gravide, definirei il volto del primo dipinto come “inquietudine nell’attesa” ed il secondo come “tensione dialogante”.
Infatti, lo sguardo della prima mamma è rivolto in avanti, a noi spettatori, trasmette inquietitudine, è perplesso, incorniciato in un viso pallido, scavato con gli zigomi sporgenti e le labbra strette, quasi a serrare un improbabile sorriso. La coroncina di piccoli fiori bianchi continua oltre i capelli rossi della donna verso un mostro nero.
In dialogo con il figlio lo sguardo della mamma del secondo dipinto, il viso reclinato quasi in preghiera, gli occhi bassi verso il ventre e la mano alzata come intenta a discutere con il figlio. Ma un teschio appare poggiato nel grembo, mimetizzato dalle decorazioni dell’abito lussuoso: un oscuro presagio.
Eros e Thanatos si incontrano nella speranza!
PAOLA ARGENTINO (Germogli di speranza, n.1-2025)