Inganno e tormento del principio di non contraddizione
di Agata Pisana*
“Quale è la caratteristica principale dell’uomo, che lo differenzia da tutti e che lo rende quel che è, cioè quella specie animale dominante che ha saputo creare la civiltà, la cultura, il progresso? Quale dunque la caratteristica che lo fa felice e soddisfatto della sua vita?”. Domanda facile! La sappiamo tutti: “La razionalità! L’uomo è l’unico essere capace di razionalità. Sa pensare, riflettere, far di conti, scrivere e leggere… come non essere appagato da tutto questo? Domanda facilissima!”. Risposta giusta? No! Risposta sbagliata. Perché se è vero che l’uomo è dotata di capacità riflessiva non è vero né che questa appartiene solo alla sua specie né – soprattutto – che questa lo fa felice o che essa sola ha generato cultura e progresso.
Il più grande epistemologo moderno, Carl Popper, dice che la scienza, grande vanto umano, non andrebbe avanti se si basasse solo sulla razionalità, che anzi è proprio la non razionalità che le ha permesso di fare i passi da gigante che ha fatto e fatto fare all’uomo. “Tu, scienziato, hai trascorso tutta la tua vita a cercare di capire la logica dei fenomeni naturali per prevedere il prossimo evento? Bene! Prova a pensare al contrario e di sicuro capirai più di quanto sai oggi” – ci dice.
L’esperienza e il calcolo, da soli, non insegnano nulla. Altrimenti ci finisce come al tacchino di cui parla Bertrand Russel: dopo aver trascorso tutta la vita a cercare di capire la regola d’oro che determinava quel meraviglioso rituale per cui ogni mattina la massaia gli dava da mangiare, si sentì pronto a festeggiare la sua grande scoperta ‘scientifica’ proprio il giorno in cui la massaia lo portò in tavola bene cucinato per festeggiare il Natale con la sua famiglia. Né tanto meno, se anche avesse capito davvero l’arcano segreto di quel rituale, ne sarebbe stato certo felice.
Tutto dà la razionalità tranne la felicità: quante volte ci siamo detti che avremmo preferito non sapere qualcosa? Quante volte, dopo aver capito, abbiamo sentito amarezza, rabbia, dolore! “Beato lo sguardo ebete degli animali” – diceva un altro grande filosofo: Schopenhauer.
Eppure guai a noi se non sappiamo: abbiamo arsura di sapere, spasmodico bisogno di ricostruire i fatti, di trovare la logica, di comprendere intenzioni, particolari e incastri. “Dimmi”, “Spiegami”, “Ho diritto a sapere”… sono frasi con cui incalziamo gli altri, sperando di alleviare i nostri tormenti, salvo poi, dopo aver saputo e capito, ripiombare in una costernazione più profonda.
E se anche lo scoprire la logica degli eventi e dei comportamenti ci desse pace, ci ritroveremmo ugualmente poi dinanzi ad un quesito ancora più ostico: e ora che so, cosa faccio? Già. Che farcene dell’aver capito? Nessuna pace nello scoprire la ‘verità’ delle cose, anche perché chi ci potrebbe assicurare che è davvero questa la verità? Siamo principi che sogniamo di essere barboni o barboni che sogniamo di essere principi che sognano di essere barboni?
E chi potrebbe alzare la mano e giurare con certezza di conoscere perfettamente se stesso? “Ho capito tutto della vita – diceva il grande Montaigne – tranne me stesso”.
Folle Aiace che ha macellato degli animali credendoli uomini o folle chi macella in guerra e per le strade veri esseri umani? Più folle quando, preso da un delirio, ha commesso questa carneficina o quando non perdona a se stesso di essersi ingannato?
La logica umana è stata considerata da sempre fondata sul principio di non contraddizione per cui se A è uguale ad A e non-A è diverso da A, allora X o è uguale ad A o è diverso da A, e ciò sembra la base di ogni certezza, garanzia di inconfutabilità, indicazione sicura per una via di saggezza, ma a quanto pare non è affatto così: proprio nel cercare quanto fosse più giusto, gli umani hanno trovato quanto è meno giusto. Ma – cosa strana – non solo sembriamo continuare ad ignorarlo, ma ci accaniamo anche, paradosso dei paradossi, a cercare di capire perché ciò che ci sembra certo non lo è. Forse non è davvero certo? Forse sbagliamo i criteri dell’analisi? Forse sono errati i presupposti o errate le conclusioni? Forse siamo sbagliati noi?
Kant a questa conclusione radicale era arrivato e, ormai alla fine della sua vita, ha in pochi anni dato una sferzata così drastica a tutto il corso del pensiero filosofico da aver fatto definire l’intera storia della filosofia pre e post-kantiana. Sembrava aver davvero trovato il bandolo della matassa, ma le cronache ci dicono quanto pieno di manie, ossessivo e lontano dalla serenità egli fosse nel quotidiano. A parte il fatto che si scoprì presto che quella che sembrava la fonte dell’inganno tale non era affatto.
Davvero il più grande filosofo fu Socrate che dichiarò sempre di sapere di non sapere? La sapeva forse più lunga di chiunque altro, dato che dimostrò poi di sapere molto bene cosa sapeva.
“Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso” – recita il salmo e ci dà una luce, ma non ci rassicura affatto.
Non ci resta che continuare a parlarne insieme.
*Dott.ssa Agata Pisana
Counsellor formatore supervisore ad indirizzo gestaltico
Vice Presidente Confederazione Italiana Consultori Familiari (CFC)
Presidente Federazione Sicilia dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana