Ifigenia dal punto di vista filosofico, a cura di Agata Pisana

Feb 19, 2022 | Tragedie Greche

Era stata destinata ad essere sacrificata Ifigenia: se un popolo si fosse avvantaggiato da quella morte, allora la sua sarebbe stata una morte giusta. Un dilemma che attraversa i secoli: può la vita (e la morte) di un solo individuo essere commisurata alla vita (e alla morte) di più persone?

Una logica quantitativa non esiterebbe a rispondere, una logica qualitativa cadrebbe nel paradosso zenoniano, dovendo prima risolvere l’infinita successione di ipotesi e obiezioni sul senso da dare al concetto di “qualità della vita”. Forse solo una prospettiva a carattere assoluto può soccorrere questa impasse: la vita è vita e non può essere misurata né paragonata né valutata. Resta cioè vita e vale perché è tale, a prescindere da qualsiasi altro attributo. Ciò significa che nessuno può disporre della vita: né di quella degli altri né della propria. In errore Agamennone, quindi, e gli altri re greci che hanno deliberato la morte di Ifigenia e in errore Ifigenia che in Aulide, ad un certo punto, accetta di immolarsi per il proprio popolo. Né è solo la logica a dirci dell’insensatezza di qualsiasi attentato alla vita: nessun cuore si arrende di fronte ad una persona cara che sta rovinando la propria esistenza, che la spreca o addirittura tenta di troncarla. Per una volta, cuore e ragione concordano: non è solo l’imperativo kantiano a risultare categorico, ma anche la legge scritta nei cuori.

Eppure una madre mette a repentaglio la propria vita per ogni figlio che porta alla luce, chiamiamo “eroe” chi – sprezzante della propria vita – la sacrifica per salvare quella di un altro, condanniamo chi diserta e abbandona i propri compagni a morire sul campo rifiutandosi di morire anch’egli.  Le maglie che le tragedie euripidee hanno tessuto si infittiscono e arricchiscono ancora di più e forse è questo un po’ l’intrigo della grandezza classica: l’interrogarci ancora e ancora dopo secoli e il trovarci ancora incapaci di una risposta che non schiuda altri orizzonti. Non ci resta che tornare a loro: ai testi antichi che in questo suadente ginepraio ci hanno condotti. Ed ecco, nella trama imprevedibile e nell’esito della Ifigenia in Tauride forse una risposta. Cosa accade? Oreste fuggiasco approda in un’isola dove la sorella Ifigenia, sottratta alla morte per volontà della dea, è divenuta sacerdotessa. I due dialogano e, nelle loro parole, si riconoscono. Insieme riescono allora a raggirare uomini e dèi e a salpare, per sempre liberi. Non la violenza ha dato frutti, ma un sincero fermarsi l’uno di fronte all’altro e darsi tempo per riconoscersi. Quanto servirebbe oggi imparare bene questa lezione! Il coro chiude la scena: “Andate felici, voi siete fra chi si salva, fortuna v’arride”. 

Agata Pisana