La bellezza senza fine della Parola di Dio – riletta con lo sguardo intercorporeo relazionale gestaltico – si “Illumina d’Immenso”, di una fede antropologicamente vissuta nel codice della vita dell’esperienza di contatto. E così oggi don Luca Brenna ci dona lo splendore di una rilettura gestaltica di Lc 17, 11-19 la guarigione dei dieci lebbrosi, nell’ottica del ciclo di contatto. Don Luca ha frequentato il master triennale in Pastoral Counselling per il ben-essere psicofisico e spirituale ideato da padre Giovanni Salonia OFMC, il quale ha accolto con gioia questo articolo: “Una bella intuizione che potremmo ridefinire come la differenza tra egotismo dei nove lebbrosi, ed il contatto pieno del Samaritano, che esprime gratitudine perché integrato nella salvezza piena (dell’anima e del corpo)”. Obiettivamente è difficile comprendere didatticamente l’interruzione del contatto dell’egotismo, ma si percepisce immediatamente se ci immedesimiamo nel vissuto dei dieci lebbrosi così come descritti nell’articolo di don Luca.
Il mio GRAZIE a don Luca per questa ‘bella intuizione’ e il mio invito a tutti di leggere il suo articolo qui di seguito.
PAOLA ARGENTINO
Lc 17, 11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Nell’episodio evangelico della guarigione dei dieci lebbrosi (Lc 17,11-19), Gesù, nel constatare che soltanto uno torna indietro a ringraziarlo, osserva: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?” (v. 17). Non è una semplice questione di mancata gratitudine, perché Gesù aggiunge subito, rivolgendosi a quell’uomo: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!” (v. 19).
Perché Gesù gli dice che lo ha salvato la sua fede? In effetti, la dinamica attraverso la quale i dieci lebbrosi guariscono, è una bellissima metafora di ciò che vuol dire avere fede in Cristo. Quegli uomini, infatti, si misero in cammino verso i sacerdoti, che avrebbero dovuto certificare la loro guarigione, mentre erano ancora ammalati di lebbra, forti soltanto della parola di Gesù, che aveva detto loro “Andate a presentarvi ai sacerdoti” (v. 14), pur essendo ancora lebbrosi. La fede dunque, alla luce di questo vangelo, e di molti altri, si delinea come un “camminare sulla parola di Gesù”, un fidarsi della Sua parola, anche quando l’evidenza sembra contraddirla.
Ma perché Gesù dice proprio al samaritano, e soltanto a lui, che la sua fede lo ha salvato? Avrebbe potuto dirgli che la loro fede li ha salvati, se avesse voluto riferirsi soltanto alla guarigione dalla lebbra. Invece qui Gesù sembra mettere in luce qualcosa di diverso che è accaduto soltanto a lui. Sembra che ci sia stato uno step ulteriore rispetto agli altri nove: quest’uomo non è semplicemente guarito, ma è “salvato”. Cosa è avvenuto?
Per provare a comprenderlo, ci può venire in aiuto la dinamica gestaltica del ciclo di contatto. I nove lebbrosi sono stati guariti dal contatto con Gesù, grazie al loro gesto di fede, ma non sono tornati indietro a ringraziare Gesù. Forse perché inebriati dall’emozione dell’insperata guarigione, e forse anche perché la ritenevano in fondo qualcosa di dovuto, non hanno fatto l’ultimo passo, non sono tornati da Gesù a ringraziare, non hanno chiuso il cerchio. Cosa che invece ha fatto il samaritano (forse avvantaggiato, paradossalmente, dall’essere uno straniero?): lui è tornato da Gesù e si è prostrato ai suoi piedi, lodando a gran voce il Signore. Ha fatto risuonare prima nel suo corpo, e poi nell’intercorporeità dell’incontro con Gesù, tutta la gioia e la consapevolezza di ciò che era avvenuto in lui (che è ciò che in gergo gestaltico, nel contesto del ciclo di contatto, può avere un corrispettivo nella fase del post-contatto). A quel punto il cerchio si è chiuso, c’è stato un clic, uno scatto pacificante, che non è quiete statica, ma vero preludio a nuovi inizi. “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!” (v.19). E quel samaritano, prostrato ai piedi di Gesù, si alza e riparte per una vita veramente nuova, proprio perché “salvato”.
Don LUCA BRENNA
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