Gorbaciov: un volto
“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti” è la famosa
sintesi di Pirandello che dice quanta amarezza, quante illusioni e delusioni la vita riserva. La maschera è, per
sua stessa realtà, fissa, statica nella sua espressione. Non guarda negli occhi, non cambia umore né parla:
qualcuno dietro di essa proferisce le parole, ma resta incognito, non si mostra così come è. Maschera è
sinonimo di falsità e, se anche tante volte nasconde lacrime inghiottite, resta simbolo di ciò che non ha lo
spessore umano del volto: di quel sentirsi guardati negli occhi e visti, quell’avere davanti a sé una persona
che sa cosa fa e si prende cura di te. Un volto ti fa volgere verso altre direzioni: sei pronto a seguirlo. Ti
desta emozioni di calore e stima (non è un caso che per indicare chi, virilmente, si assume le proprie
responsabilità si dica che “ci mette la faccia”).
I libri di storia per tanti anni pullulavano solo di ritratti di re, condottieri, santi. Si era nell’epoca di
prevalenza di Modelli Relazionali di Base fondati sul Noi (G. Salonia), in cui il pericolo e le condizioni di
continua precarietà e rischio facevano aggrappare ad un capo per il quale si era pronti a far tutto,
comunque egli fosse. Poi – ci spiega ancora il prof. Salonia – gli eventi del secondo dopo guerra hanno
portato ad un Modello Relazionale che valorizza l’Io: basta esistere per fare storia, non servono
competenze, non si riconoscono gerarchie e meriti. Gli storici propongono infatti fotografie di liberi raduni
oceanici come a Woodstock nel 1969 o di quotidianità familiare. Pochi, pochissimi i volti di grandi
personalità e, fra essi, solo chi ha segnato passi verso un’umanità più fraterna e giusta nei rapporti sociali.
Personalità che hanno avuto un progetto per il proprio Paese, statisti, strateghi della diplomazia che hanno
capito le esigenze del proprio popolo e hanno trovato soluzioni ardite ed efficaci. Volti! Mandela, King, i
Kennedy, De Gasperi e Schuman, Falcone e Borsellino… Gorbaciov.
Di fronte ad una economia asfittica, soffocata da pianificazioni ciecamente mirate solo a vincere in una sfida
bipolare ormai masochistica, di fronte ad una crescente richiesta di autonomia e di apertura socio-culturale
verso l’Occidente, di fronte ad una povertà progettuale interna, contro tutto e tutti Gorbaciov portò avanti
un “pensiero nuovo” (è il significato del termine Perestroika ) che concesse indipendenza gestionale e
amministrativa alle imprese e libertà civili per tutti (la Glasnost ). Tante testate giornalistiche represse dai
regimi precedenti riprendono a pubblicare. Viene reintrodotta la proprietà privata. Si ape il dialogo sul
disarmo. Schemi politici internazionali consolidati da decenni crollano: la foto che campeggia su tutti i
media nel 1987 ritrae due uomini (Gorbaciov e Reagan) che firmano trattati di reciproco impegno di
eliminazione di armi nucleari. Da lì a due anni l’abbattimento del muro di Berlino (9/11/1989). Un gigante
politico come l’URSS, che non riusciva più a reggersi in piedi, si sfalda. La carica stessa che lui ricopriva e che
lo rendeva fra gli uomini più potenti del mondo, non esiste più.
Era stato capace di capire che per il bene del Paese bisogna essere pronti a lasciare la propria poltrona, a
rischiare la disapprovazione e la lotta interna del proprio stesso partito, a perdere tutto. L’acume politico lo
intuisce. La correttezza lo richiede. Il coraggio lo realizza.
Ha ricevuto in seguito riconoscimenti come il premio Nobel per la pace nel 1990, ma quello che ancora oggi
sgomenta è – dal mio punto di vista – questa capacità politica di capire cosa fare e la forza morale di
saperlo fare. Questo lo rende oggi un personaggio storico (e umano) che anche i murales ritraggono per
ricordare ad un mondo dove serietà e competenza scarseggiano così tanto che ci sono volti degni di questo
nome a cui guardare. E, sinceramente, mi piace pensare che qualcuno possa invece abbassare lo sguardo
passando per quelle strade e vergognarsi, soprattutto se ha la sfrontatezza di rivestire le loro stesse cariche
sapendo solo restare maschera da palcoscenico.
Agata Pisana
Didatta della Scuola di Formazione
in Counselling Socio-Educativo
Istituto di Neuroscienze e Gestalt “Nino Trapani”