Anche nella pittura, e soprattutto nello studio dei particolari iconografici, la vitalità di un mito mostra la sua linfa inesausta: così avviene per la figura di Edipo.
Se infatti il grande pittore neoclassico Ingres nel 1808 ritrae il colloquio con la Sfinge come uno squisito esempio accademico di equilibrio tra linee e colori, con un eroe giovane, dal nudo perfetto, dalla posa plastica degna di una statua di Fidia e dalla concentrazione intensa per risolvere il quesito, sarà invece il pittore contemporaneo Francis Bacon, nel 1983, dopo oltre un secolo e mezzo, a riprendere quel modello, superandolo ampiamente.
Ed è proprio questo artista, tornato alla ribalta soprattutto negli ultimi anni, omosessuale dichiarato già in epoca puritana, ubriacone e giocatore d’azzardo, pittore di argomenti strani “seriali” (Furie negli anni trenta, teste maschili isolate in stanze, “papi urlanti” degli anni cinquanta, crocifissioni dei primi anni sessanta…) a diventare noto per aver ritratto soprattutto “la brutalità dei fatti”, nell’angoscioso sforzo di comprenderli.
Infatti nel suo “Edipo e la Sfinge” del 1983 troviamo un uomo dai piedi forati, che dialoga con la Sfinge mentre si fascia le estremità ancora sanguinanti, quegli stessi piedi che il padre gli aveva fatto forare per legarlo e abbandonarlo su un monte appena nato. Con queste ferite infantili, qui stranamente non rimarginate, l’artista, a cui non sfugge tale particolare del mito, immortala come in uno scatto quell’Edipo che sa “indovinare” la sofferente natura umana. Di fronte a una Sfinge ridotta ad ologramma, più che ad un eroe, è stato detto, egli assomiglia a un pugile o a un rugbista in uno spogliatoio.
E sullo sfondo? Non più azzurri paesaggi verso Tebe come in Ingres, ma uno strano fantasma raffigurante una Furia, presagio del rimorso che “l’uomo-dai piedi gonfi e forati” (etimologicamente lo stesso nome Oidipous significa questo) avrebbe provato poi, inconsapevolmente uccidendo il padre e sposando la madre. Ritorna ancora Bacon, il quale desiderava che i suoi quadri “apparissero come se un essere umano fosse passato su di essi…lasciando una scia di umana presenza e tracce mnemoniche di eventi passati”. E sull’Edipo di Bacon ancora si vedono, in quelle ferite, le tracce del passaggio di genitori troppo impauriti per riuscire ad accoglierlo ed amarlo.
Chiara Gatti