Agamennone. Re e condottiero. Padre e marito. L’uomo è uno solo, i ruoli tanti e tragicamente contrapposti.
Da re e condottiero guida la spedizione contro Troia per vendicare il fratello Menelao. Perché l’onta del rapimento di Elena va punito. Da lì l’assedio, l’inganno astuto del cavallo. E la notte, l’ultima, di Troia. Il re trionfa, l’alleanza dei greci ha la meglio. Troia è sconfitta per sempre. Tutto è andato per il meglio. Di più non era lecito sperare. Ma. Ma la trappola del destino è pronta a scattare.
La prova estrema si staglia lenta ed inesorabile quando tutto sembra concluso. Gli dei hanno in serbo per Agamennone la lacerazione più profonda, quella che investe ogni fibra del suo essere. La flotta non riesce a tornare in patria. I venti non si alzano. E la divinità per bocca dell’indovino Tiresia esige il sacrificio più alto. Ifigenia, la figlia del re, deve essere sacrificata perché i greci possano far ritorno alle loro case. La casa del re deve essere distrutta perché le case degli uomini possano riprendere a vivere.
Nell’animo di Agamennone si combatte la battaglia più cruenta. Quella che, comunque vada, segnerà la sconfitta dell’uomo. Il re contro il padre. Il condottiero contro il marito. Agamennone è contro Agamennone. E ancora una volta il re prevale. E prevale il condottiero. La ragion di Stato sulle ragioni del cuore. Il padre soccombe, soccombe il marito.
Ifigenia sarà salvata in extremis dalla dea ma il padre l’ha uccisa comunque. E Clitennestra non perdonerà il marito. Con l’aiuto di Egisto, l’amante, ella vendicherà il sacrificio di Ifigenia; Oreste, a sua volta, figlio della coppia reale, vendicherà l’assassinio di Agamennone uccidendo la madre. Morte chiama morte, vendetta esige vendetta. Ed è così che sulla vita di Agamennone cala il sipario della sconfitta più nera. La sconfitta dell’uomo. Proprio lui che era apparso sempre vincitore.
Andrea Sollena