Le perle sia per la loro caratteristica a forma di goccia che per le numerose leggende della loro creazione, sono state scelte nell’arte sacra per raffigurare le lacrime della Madonna. Inoltre, nell’eredità pagana della mitologia greca la perla è simbolo della Dea dell’Amore, emblema di Afrodite, che viene raffigurata come nata dal mare dalla bivalve di una conchiglia (es.: La nascita di Venere di Botticelli). Secondo la simbologia cattolica, citata da Giovanni Damasceno nel VII secolo d.C., “il fulmine divino è penetrato dentro la conchiglia più pura, Maria, e ne è nata una perla oltremodo preziosa, il Cristo”. Nel Vangelo secondo Giovanni, è chiaramente indicato Gesù Cristo come la perla preziosa da ricercare e custodire. Significativa anche la parabola del Regno dei Cieli, la cui ricerca è simile a un mercante che va in cerca di tesori, e quando trova una perla di grande valore, vende tutti i suoi averi e la compra.
Sant’Efrem il Siro, diede vita a una vera e propria “teologia della perla”, rappresentando in questa gemma il mistero di Cristo nella perfezione della forma sferica e nella superficie luminosa e sfuggente ad uno sguardo complessivo, proprio come è il mistero Divino per gli uomini. Gli Inni sulla perla di Efrem costituiscono un capolavoro che scrisse probabilmente verso il termine della sua vita: una sorta di testamento spirituale e di fede.
La perla simbolo di purezza e bellezza eterea mistica divenne anche il simbolo dell’Immacolata Concezione, della Vergine Maria. Durante i successivi secoli si affermò quindi la consuetudine di raffigurare la Madonna e le Sante adornate con delle perle sulle vesti e sui capelli come simbolo di purezza d’animo e castità. La perla rappresenta dunque nel mondo cristiano l’anima incarnata in un corpo fisico e di conseguenza la salvezza dell’anima viene rappresentata in forma perlacea innocente, pura, piena di fede e saggezza, dono di Amore.
E così le lacrime della Madonna sono perle preziose per l’umanità, perché scaturiscono da un cuore palpitante di amore, come si evidenzia dall’immagine raffigurata nel quadretto di gesso miracoloso di Siracusa. Ma ancor di più dirà Sua Santità Papa Francesco il 12-6-2021 via twitter: “Il cuore di Maria è come una perla di incomparabile splendore, formata e levigata dalla paziente accoglienza della volontà di Dio attraverso i misteri di Gesù meditati in preghiera”.
Lacrime e palpiti del cuore, dunque, come perle di un unico linguaggio di Amore. Paola Argentino (Blog del 13-08-2023)
Nel 70esimo anniversario della lacrimazione della Madonnina delle Lacrime di Siracusa condividiamo alcune pagine sul tema delle lacrime, intorno alla simbologia delle perle, tratte dal libro di Paola Argentino “La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore”, ed. Mondadori, con l’auspicio che si possa realizzare quanto invocato da Santa Ildegarda di Bingen: “Il compito di ogni uomo è quello di trasformare le proprie ferite in perle”
Il linguaggio delle lacrime: voce dell’anima!
<< Le lacrime sono un dono di inestimabile valore perché in grado di esprimere emozioni profonde e devastanti, anche quando il dolore ha consunto tutte le parole. Esse creano un linguaggio nuovo, una comunicazione alternativa alle parole, che pur nel silenzio è densa di suoni arcaici: la voce dell’anima. Quando il «non detto» riesce ad emergere dalle cicatrici del cuore nel pianto liberatore, le lacrime diventano strumento di condivisione e richiamo intimo alla relazione affettiva. […..]
La lacrima, dunque, scandisce uno spartiacque emotivo nell’evoluzione umana – oserei dire –, dall’autoconsapevolezza dei propri limiti alla compassione per i propri simili: le lacrime altrui causano, infatti, negli esseri umani a loro volta lacrime. Basti pensare al ‘concerto’ di lacrime che si diffonde in una nursery o in un asilo nido a partire dal pianto di un bambino. Quello che accade tramite il pianto è una prima connessione sociale, alla base dei legami affettivi e amorevoli. Le lacrime infatti placano l’aggressività, facilitano il perdono e stimolano la compassione, proprio nel senso etimologico del termine «patire con». […..] Le lacrime hanno un valore relazionale di condivisione delle proprie emozioni profonde, e dunque un valore terapeutico. Sul linguaggio delle lacrime nella psicopatologia della depressione è impossibile non tributare la giusta riconoscenza a Eugenio Borgna, che sviscera i significati relazionali più profondi dell’animo umano: “Il linguaggio delle lacrime è friabile ed effimero, palpitante e indicibile, e si riflette nel linguaggio dei volti e degli sguardi che sono lambiti, o divorati, dalla tristezza e dallo smarrimento ma, anche, dalla tenerezza e dalla nostalgia senza fine. Ci sono lacrime che fanno male e lacrime stremate di dolcezza, lacrime amare e lacrime che attenuano per un attimo la piena del dolore: delle emozioni ferite e martoriate. Ci sono lacrime che rinascono, ogni volta, sulla scia del tumulto e della vertigine dei ricordi… e lacrime che sgorgano sulla scia delle situazioni con cui la vita ci confronta”.
[…..] Nella relazione del prendersi cura le lacrime del paziente, accolte ed ascoltate dal terapeuta, possono essere di aiuto per superare il vissuto di dolore e per trasformare la propria sofferenza in un prezioso impegno di vita per l’umanità. Intorno ai vissuti di malattia oncologica numerose sono le fondazioni di volontariato, le associazioni di solidarietà, le donazioni liberali a favore della ricerca e della cura che si sono costituite e diffuse in tutto il mondo. Dal dolore, dalle lacrime, si può dar vita a ‘perle’ di altruismo, compassione, spiritualità, amore.
La leggenda narra che le perle nascano dalle lacrime dell’ostrica, suscitate dalla sofferenza, quando, ad esempio, un granello di sabbia, trasportato dalle onde, penetra nella conchiglia, o di «lacrime divine», che con un fulmine entrano nella conchiglia e avvolgono progressivamente il granello di sabbia fino a renderlo non più offensivo.
L’osservazione scientifica evidenzia che le perle, queste preziose formazioni naturali, prendono origine dall’incontro con l’altro, il diverso da sé: un corpo estraneo che giunge a ‘contatto’ con le membrane dell’ostrica e, causandone dolore, stimola il mollusco a secernere una sostanza organica, detta nacre, che, avvolgendo l’elemento irritante, si solidifica divenendo madreperla.
Dunque, è dal ‘pianto’ che si creano le perle, splendenti, rilucenti, preziose. Ogni perla è un dono che ha trasformato il dolore in un gioiello. Inoltre, la perla per la sua forma sferica è simbolo dell’infinito, e una serie di perle in fila, come una collana, o un rosario, come ricorda Cardini sono simbolo della «grande catena dell’essere» che lega tutte le cose, e diviene in ambito religioso cristiano (ma anche buddhista e musulmano) la più perfetta delle preghiere, la «preghiera cosmica».
[…..] Possiamo dire che le lacrime diventano dono prezioso e preghiera condivisa tra gli esseri umani, in consonanza con la poetessa Margherita Guidacci che dedica questa poesia all’Ostrica Perlifera:
«Dio mi ha chiamato ad arricchire il mondo /
decretandone il semplice strumento:
basta un opaco granello di sabbia /
e intorno il mio dolore iridescente!»
(tratto da Paola Argentino “La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore”, Mondadori pp.153-159)