Prometeo
Copri il tuo cielo, Giove,
col vapor delle nubi!
Ché nulla puoi tu
contro la mia terra,
contro questa capanna,
che non costruisti,
contro il mio focolare,
Io non conosco al mondo
nulla di più meschino di voi, o dèi.
Miseramente nutrite
d’oboli e preci
la vostra maestà
ed a stento vivreste,
se bimbi e mendichi
non fossero pieni
di stolta speranza.
Quando ero fanciullo
e mi sentivo perduto,
volgevo al sole gli occhi smarriti,
quasi vi fosse lassù
un orecchio che udisse il mio pianto,
un cuore come il mio
che avesse pietà dell’oppresso
Io renderti onore? E perché?
Hai mai lenito i dolori di me ch’ero afflitto?
Hai mai calmato le lacrime
di me ch’ero in angoscia?
Non mi fecero uomo
il tempo onnipotente
e l’eterno destino,
i miei e i tuoi padroni?
Credevi tu forse
che avrei odiato la vita,
che sarei fuggito nei deserti
perché non tutti i sogni
fiorirono della mia infanzia?
Io sto qui e creo uomini
a mia immagine e somiglianza,
una stirpe simile a me,
fatta per soffrire e per piangere,
per godere e gioire
e non curarsi di te,
come me.
(Johann Wolfgang Goethe)
Il mito di Prometeo, tramandato dalla tragedia di Eschilo, ci raggiunge nuovamente, anche con diverse sfumature e contaminazioni, nell’interpretazione che ne dà l’eclettico letterato tedesco Johann Wolfgang Goethe, che su questo eroe scrive un poemetto che assume i toni davvero di una lirica senza tempo.
Sul genio straordinario di Goethe, scrittore, poeta , drammaturgo tedesco e molto altro, senza dubbio uno dei protagonisti culturali più importanti di tutti i tempi, non è difficile comprendere come si sia impressa indelebilmente la figura di questo titano ribelle e coraggioso. Prometeo infatti, capace di rendersi solidale con gli uomini al punto di rubare per loro il fuoco, rende possibile col suo dono immenso l’inizio della vera civiltà e paga in prima persona con la terribile punizione eterna che gli riserva Zeus per questo tradimento imperdonabile.
E Goethe, che scrive il suo “Prometeo” in versi tra il 1774 e il 1775, poco più che trentenne, nel pieno della sua appartenenza al vivace movimento dello Sturm und Drang, sorto circa un decennio prima, in linea di continuità con l’Illuminismo e ricco di fervidi spunti che nutriranno in pieno il Romanticismo, ne vive il legame col classicismo che rimetteva al centro l’uomo, esaltandone non più solo la ragione, ma ampliandone l’interiorità fino al sentimento e alla dimensione psichica tutta. Soprattutto enucleando il tema letterario e filosofico del titanismo, inteso come esaltazione dell’eroe che sfida le forze a lui superiori, pur sapendo che questo lo può condurre a certa sconfitta.
Chi dunque meglio del ribelle titano Prometeo può apparire a Goethe come figura privilegiata del suo sentire? Solo che, rispetto alla lettura eschilea che ne faceva l’eroe fiero e incatenato alla roccia per aver ascoltato l’infelicità degli uomini, che aveva sfidato Zeus e si era ribellato orgogliosamente alla cecità delle sue leggi, ora Goethe compie un passo avanti. Prometeo, nella sua visione, si rivela sprezzante verso il padre degli dei e diviene un nuovo demiurgo, una sorta di secondo creatore di quegli uomini che egli plasma pian piano simili a lui.
Al prossimo sabato, dunque, per entrare maggiormente nel vivo del testo e ascoltarne le rivelazioni profonde.
Chiara Gatti
Counsellor professionista in formazione
Istituto di Neuroscienze e Gestalt Therapy
“Nino Trapani”